top of page

Dissolvenze

Villa Braghieri, Castel San Giovanni, Piacenza, 2014

 

A cura di Maria Cilena Sanguini e Rosalba Sironi

Catalogo pubblicato dalle Edizioni Laboratorio delle Arti con testi di Luciano Inga Pin e Roberto Borghi.

In occasione del centenario della nascita di Primo Sanguini a Castel San Giovanni nell’agosto 1914, il Comune dedica due mostre a questo pittore il cui itinerario creativo si è svolto tra l’Italia e la Francia.

Nel 1948 Primo Sanguini si è trasferito con la famiglia a Sanremo, dove ha avuto a lungo il suo studio. Ha cominciato a esporre i suoi dipinti nei tardi anni Quaranta mantenendo sempre un forte legame con l’arte e la cultura francese, in particolar modo con la scena artistica parigina. Le sue opere sono state apprezzate soprattutto a Parigi e a Milano, città in cui ha trovato nell’allora giovane Luciano Inga Pin un valido interlocutore.

Sanguini si è spento a Sanremo il 10 febbraio 1991 e riposa nel cimitero monumentale di Castel San Giovanni.

Nel 2013 la figlia dell’artista, Maria Cilena Sanguini, ha donato alla Città di Castel San Giovanni 500 dipinti del padre, parte dei quali saranno in mostra nei due spazi espositivi.  

«Nei lavori di Sanguini

 – ha scritto Luciano Inga Pin – avvertiamo la presenza del tempo che sposta continuamente i cardini delle nostre osservazioni e con effetti cromatici di sorprendente varietà e vivacità. Comunque il discorso pittorico di Sanguini si matura e si consuma nell’alone dei fenomeni naturalistici e delle sensazioni anemiche, piuttosto che nella cronaca degli avvenimenti che maggiormente assillano l’uomo del nostro tempo. Un temporale, una vallata, uno stato d’animo sono infatti visti con occhio nuovo e fissati con rapidi fotogrammi che accentuano la fugacità dell’attimo in cui sono stati carpiti».

«La natura per Sanguini è ancor prima che vegetazione, acqua – afferma nel suo testo in catalogo Roberto Borghi – : sotto forma di mare, di pioggia, di nuvola, ma pur sempre acqua. Questa materia idrica, di cui la pittura esalta al massimo grado la tattilità, nel corso dei decenni viene sottoposta a un processo di graduale dissolvenza. Accade così che la prominenza del colore, steso sulla tela perlopiù con le mani o con piccoli pezzi di cartone, non cessi di essere rilevante, ma allo stesso tempo evochi un senso di disfacimento, di disintegrazione, talvolta con i toni solenni di un’apocalisse. Però di un’apocalisse gioiosa, nella quale l’occhio è sì “inquietato”, come scrive Francesco Arcangeli, ma “il sogno, il ricordo” che lo agitano hanno un tono fausto, e talvolta persino entusiasta».

bottom of page